LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Ortenzi Riccardo, elettivamente domiciliato in Roma, via Tagliamento n. 55, presso lo studio dell'avvocato Nicola Di Pierro, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Maurizio Trevisan, giusta delega a margine, ricorrente, contro Ministero delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis; controricorrenti, avverso la sentenza n. 49/2001 della Commissione tributaria regionale di Roma, depositata 1'11 giugno 2001; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 ottobre 2007 dal Consigliere dott. Mario Cicala; Udito per il ricorrente l'avvocato Di Pierro, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; Udito il p.m. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Pierfelice Pratis che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo Il sig. Riccardo Ortenzi ricorre per cassazione deducendo cinque motivi avverso la sentenza 49/06/01 depositata l'11 giugno 2001 con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l'appello dell'ufficio e dichiarava legittimo l'avviso di accertamento per imposta ILOR dell'anno 1991 su quasi 400 milioni di lire di imponibile, notificato alla «Roma Oriental Carpets s.a.s.» dall'Ufficio distrettuale delle II.DD. di Roma. L'Amministrazione resiste con controricorso. La sentenza impugnata, nella sua prima parte, cosi' motiva: «la notifica dell'appello alla parte risulta tempestiva in quanto rimesso nei termini, ai sensi della legge 25 ottobre 1985, n. 592 ed in applicazione del disposto del decreto della Direzione Regionale per il Lazio del 1° settembre 2000 (pubblicato, in data 12 settembre 2000, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie speciale n. 213). Appare pertanto immotivata 1'eccezione di tardivita' sollevata dalla parte». Prosegue quindi rigettando nel merito le tesi del contribuente. Parte ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo del ricorso il contribuente solleva eccezione di illegittimita' costituzionale avverso la legge n. 592/1985 che ha consentito al Direttore regionale delle entrate per il Lazio di prorogare i termini per l'appello proposto dall'Ufficio. Il Collegio ritiene tale eccezione non manifestamente infondata e tale quindi da rendere necessario l'intervento della Corte costituzionale. Essa e' inoltre rilevante al fine della decisione della presente controversia; in quanto la caducazione delle disposizioni investite dalla eccezione di illegittimita' costituzionale priverebbe di supporto legislativo il decreto della Direzione regionale per il Lazio del primo settembre 2000, e conseguentemente risulterebbe inammissibile per tardivita' l'appello proposto dalla Amministrazione. Si deve in primo luogo sottolineare che le disposizioni in questione prevedono (art. 1 della legge n. 592/1985 che ha sostituito l'art. 1 del d.lgs. n. 498/1961, conv. in legge n. 770/1961): «qualora gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale (solo con l'art. 10, comma 1, lett. a), d.lgs. 26 gennaio 2001, n. 32, in vigore dal 20 marzo 2001, sono state inserite le parole «non riconducibili a disfunzioni organizzative dell'amministrazione finanziaria») i termini di prescrizione e di decadenza nonche' quelli di adempimento di obbligazioni e di formalita' previsti dalle norme riguardanti le imposte e le tasse a favore dell'erario, scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento, sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui venga pubblicato nella Gazzetta Ufficiale» un apposito decreto che originariamente era emanato dal Ministro, successivamente a seguito della legge n. 28/1999 spettava al competente direttore generale, regionale o compartimentale, ed oggi, in base al d.lgs. n. 35/2001, al «competente ufficio di vertice dell'agenzia fiscale interessata», sentito il parere obbligatorio, ma non vincolante del Garante del contribuente (art. 3, d.l. n. 498/1961, conv. in legge n. 770/1961, sostituito dall'art. 2 della legge n. 592/1985). E' poi pacifico, nel «diritto vivente», che queste proroghe operino anche in relazione ai termini processuali (Cass., 26 gennaio 2004, n. 1287); ed e' in relazione a questo profilo che assume rilievo nella presente controversia il coordinato disposto degli articoli 2 e3 della legge n. 592/1985. Infatti il potere di determinare la proroga dei processuali fa capo ad un soggetto che ha come proprio compito istituzionale esser parte del processo. Addirittura, per quanto attiene alla specifica vicenda in esame, la «competente direzione regionale» (in persona del responsabile dell'ufficio contenzioso) ha provveduto ad autorizzare l'appello ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. n. 546/1992). E nessuna garanzia per la difesa delle controparti (art. 24 Cost.) rappresenta l'intervento del parere non vincolante del Garante del contribuente. La proroga in questione viene quindi disposta da un soggetto che e' istituzionalmente parte in una rilevante porzione di processi; mentre la proroga dei termini processuali civili e penali prevista (su presupposti e con effetti ben piu' circoscritti) dal d.lgs. n. 437/1948 e' disposta dal Ministro della giustizia, che solo in via eccezionale puo' esser parte processuale. Assume quindi decisivo rilievo il fatto che a seguito della entrata in vigore della legge costituzionale n. 2 del 1999 «ogni processo» (e dunque anche il processo tributario) si deve svolgere «nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita». La norma costituzionale impone cioe' che nell'ambito processuale le parti siano collocate sul medesimo piano; anche quando esse «pari» non siano dal punto di vista del diritto sostanziale. Cosi' come accade nel diritto tributario ove la parte pubblica si trova, fin quando il rapporto si sviluppa al di fuori del processo, in una posizione sovraordinata rispetto al privato contribuente. Ma nel momento in cui si entra nel processo le parti debbono operare «in condizione di parita» e l'eventuale prevalere delle tesi sostenute da una di esse (nel caso di specie l'amministrazione impositrice nella veste di «competente direzione regionale») deve essere mediata dall'intervento del giudice terzo che decide nel contraddittorio (quanto meno potenziale). Il contrasto con il principio di parita' delle parti e con quello del contraddittorio non viene cioe' meno per il fatto che le proroghe in questione operino anche a vantaggio del contribuente (come sottolineato dalla sentenza della Corte costituzionale 15 aprile 1992, n. 177); in quanto simile «parita' degli effetti» puo' elidere il contrasto con l'art. 3 cost., ma non quello con il (sopravvenuto) testo dell'art. 111 cost. Cio' a prescindere dall'ovvio possibile inquinamento che nasce dalla sovrapposizione della qualita' di parte con quella di organo destinato ad accertare eventi di «carattere eccezionale» destinati a riflettersi nel processo' e quindi a giovare al decidente. Per quanto attiene poi al testo di legge applicabile ratione temporis, ritiene il Collegio che un ulteriore profilo di incostituzionalita' derivi dal fatto che fosse all'epoca consentita la proroga dei termini anche a seguito di eventi «riconducibili a disfunzioni organizzative dell'amministrazione finanziaria». Simile eventualita' - che ricorre nel caso di specie almeno in base a quanto dedotto dal sig. Ortensi sia avanti al giudice d'appello sia nel ricorso per cassazione - appare in ulteriore contrasto con il principio della parita' delle parti in quanto consente (consentiva) alla Amministrazione (e solo ad essa) di giovarsi della propria disorganizzazione; collide inoltre o con il principio della «ragionevole durata» del processo, pur esso enunciato nell'art. 111 cost., cosi' come inteso dalla Corte europea dei diritti dell'uomo; che non ammette ritardi derivanti da disfunzioni dell'apparato pubblico.